Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa data non è stata scelta a caso, infatti in questo stesso giorno del 1960, furono uccise tre sorelle Mirabal, attiviste politiche
della Repubblica Dominicana. Fu istituita per la prima volta il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. C’è stato un crescente interesse mediatico e politico rispetto a questo tema, anche grazie alla rete di Associazioni, Cooperative e professionisti di vario genere che da decenni cercano di informare, sensibilizzare e manifestare vicinanza alle donne vittime di violenza.
Purtroppo i dati ISTAT non ci rassicurano, il fenomeno non sembra regredire nonostante l’impegno profuso di sensibilizzazione. Il focus è sempre il rispetto è alla base di ogni rapporto.
Diversi studi condotti su donne vittime di violenza hanno indicato gli effetti primari, che sarebbero conseguenze delle violenze fisiche dirette sul corpo, e gli effetti secondari riguardanti la funzionalità fisica, lo stato psicologico, l’adozione di comportamenti a rischio o di dipendenza per l’esposizione ripetuta a situazioni di impatto traumatico.
La condizione di violenza vissuta nell’ambito delle relazioni affettive significative determina perdita o riduzione della stima di sè. Inizialmente si percepisce un forte senso di impotenza, che viene successivamente negato per essere sostituito con un meccanismo di onnipotenza, che rappresenta il tentativo di ristabilire il controllo della situazione.
Tuttavia la violenza si ripete ciclicamente e questo porta la donna a sperimentare un forte senso di colpa, perché si attribuisce sia le responsabilità di ciò che accade a lei, nonché di ciò che devono subire i figli. Tutta questa
particolare condizione di fragilità porta ad una difficoltà persistente ad occuparsi di sè, e la espone a
conseguenze psicologiche più gravi.
La psicoterapia in questi casi dovrebbe prima di tutto lavorare sui vissuti conflittuali per riportare la vittima della violenza ad elaborare in modo sano le sensazioni di colpa e ad imparare ad avere una lettura della relazioni in termini più oggettivi e veritieri. In una prima fase è importante salvaguardare la salute psico-fisica anche nel breve termine, stimolando tutti quei comportamenti utili al benessere personale ed eventualmente anche al benessere delle persone che ruotano attorno alla vicenda, soprattutto in caso di minori.
Un lavoro psicoterapeutico più profondo e a lungo termine va poi fatto per ricostruire l’autostima e per ristabilire la fiducia verso un futuro libero dagli schemi che hanno portato il soggetto a vivere una condizione relazionale malsana.