Quando si parla di linguaggio non verbale il riferimento è inevitabile: lo psicologo Paul Ekman e i suoi studi sul linguaggio non verbale, in particolare sulla relazione tra emozioni ed espressioni facciali.
A Ekman si deve il merito di aver individuato le emozioni considerate “universali” cioè presenti in ogni individuo, indipendentemente da paese e cultura di provenienza. Egli inizialmente ne individuò 6 che successivamente rielaborò e ampliò:
- Divertimento
- Disprezzo
- Contentezza
- Imbarazzo
- Eccitazione
- Colpa
- Orgoglio dei propri successi
- Sollievo
- Soddisfazione
- Piacere sensoriale
- Vergogna
La fama di Ekman negli ultimi anni è arrivata sul piccolo schermo con la serie televisiva di grande successo e a lui dedicata “Lie to me“.
Ma da Ekman in poi la psicologia ha fatto passi da gigante nel campo del linguaggio non verbale, e di recente gli studi sui neuroni specchio e sulla programmazione neuro-linguistica hanno rinnovato l’attenzione a questo settore della psicologia che, tra l’altro,
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riscuote interesse in numerosi campi d’applicazione, ad esempio in relazione alle strategie di comunicazione efficace nel campo del marketing.
Il linguaggio non verbale però non è solo tecnica e applicazione, ma riguarda tutti quanti e ci coinvolge costantemente, spesso in maniera completamente inconsapevole. Ci da informazioni su chi abbiamo davanti ma ci fornisce preziose informazioni addirittura su noi stessi. A questo proposito la psicologa sociale Amy Cuddy della Harvard Business School, ha condotto numerose ricerche su stereotipi, pregiudizi e affetti ambivalenti, e la loro relazione con i diversi contesti sociali. Ha addirittura messo in relazione questi aspetti con aspetti fisiologici come il cambiamento ormonale. La Cuddy inoltre ha sviluppato con i suoi collaboratori lo Stereotype Content Model (SCM) e la BIAS Map (Behaviors from Intergroup Affect and Stereotypes Map), due modelli utilizzati per analizzare all’interno dei gruppi due dimensioni, l’emozionalità e la competenza, e per valutare come questi due aspetti influenzano le emozioni sociali, i comportamenti e le motivazioni dei membri del gruppo.
Nel 2012 Amy Cuddy ha presentato una conferenza per
TED che ha avuto più di 30 milioni di visualizzazioni, divenendo in breve tempo uno dei video più visti di sempre del portale ted.com
Durante questa intervista la Cuddy si chiede se il linguaggio non verbale guida il nostro modo di pensare e sentire noi stessi. Come afferma la stessa dottoressa Cuddy “Sorridiamo quando siamo felici, ma anche quando siamo costretti a sorridere in qualche modo influenziamo le nostre emozioni. Sappiamo che le nostre menti influenzano i nostri corpi, ma è anche vero che i nostri corpi modificano le nostre menti?” La risposta è affermativa e, ad esempio, nel caso della
dimensione della “dominanza” cioè della tendenza alla leadership, all’autorevolezza e all’assertività, sembrerebbe che i leader abbiano più alti livelli di testosterone, correlati a bassi livelli di cortisolo. Questo non significa che siamo condannati a vivere seguendo gli andamenti ormonali del nostro corpo, al contrario, la Cuddy mostra come basti un cambiamento nella postura delle persone, per avere una sostanziale modifica dei livelli di testosterone e cortisolo e, in correlazione, un cambiamento negli atteggiamenti e relativi comportamenti dei soggetti. In poche parole “sembra che il linguaggio non verbale
determini davvero il modo di pensare e sentire noi stessi… Il nostro corpo cambia la nostra mente”. Ma può una determinata postura di pochi minuti cambiare realmente la nostra vita?” Nelle situazioni di vita comune il linguaggio del corpo è fondamentale non solo per quello che comunica agli altri, ma anche per il dialogo che crea con noi stessi ed è questo il vero obiettivo da porsi. E se è vero che piccole modifiche creano grandi cambiamenti allora vale almeno la pena di provarci.
