La funzione della paura
Come la rabbia, di cui vi abbiamo parlato in un precedente articolo, anche la paura è un’emozione innata e primordiale, che svolge un importante ruolo adattivo. Essa, infatti, consente al soggetto di avvertire un pericolo e di difendersi da esso. Quando si prova paura, il battito cardiaco accelera e tutto il corpo si prepara all’azione: i sensi sono più vigili per consentire di stare in allerta più facilmente, i riflessi aumentano, i muscoli sono tesi. Le tradizionali reazioni alla paura sono quelle riassunte dalla celebre espressione inglese fight or flight, cioè l’attacco e la fuga: esse facilitano, per l’appunto, la messa in salvo dalle minacce dell’ambiente. La paura è stata quindi fondamentale nel corso dell’evoluzione dell’essere umano, permettendo ai nostri antenati ancora non civilizzati di proteggersi da animali feroci o altri rischi. Come suggerito in modo ironico nel titolo, la paura può allora essere considerata un’alleata nella vita umana, alleata che, però, talvolta può essere un po’ sbadata: nei giorni odierni, infatti, non c’è più la necessità di affrontare mille peripezie come avveniva fra gli uomini primitivi e la paura può attivarsi anche in risposta a stimoli non realmente pericolosi, inficiando il nostro benessere e ostacolando il raggiungimento dei nostri obiettivi. Prima di riflettere sulla paura patologica, però, è bene conoscere quest’emozione più a fondo.
La manifestazione della paura
La paura causa delle modificazioni nel corpo e nella mimica facciale assai caratteristiche: gli occhi sono sbarrati, la bocca spesso aperta, le membra contratte e sudate. Sul piano psicologico, invece, quest’emozione si traduce con sensazioni estremamente negative e spiacevoli, unite all’intenso desiderio che la situazione percepita come rischiosa finisca. A livello comportamentale, oltre alle già menzionate reazioni di attacco e fuga, si assistono ad altri tipi di risposte difensive, fra cui le più importanti sono il freezing e il faint. Il primo consiste in una sorta di congelamento del corpo e del pensiero: la persona si sente paralizzata, non è in grado di muoversi né di pensare. Questa reazione può rappresentare soltanto un breve momento di stallo prima di scegliere se è più conveniente attaccare o scappare, ma, esponendo per un tempo maggiore al pericolo, può essere disadattiva e disfunzionale. Il faint, invece, si osserva anche in molti animali e consiste in una finta morte, ovviamente involontaria e inconsapevole: simulando il proprio decesso, infatti, si ottiene il disinteresse da parte dei predatori, che in genere preferiscono prede vive. Negli umani, il faint può portare ad un meccanismo di difesa chiamato dissociazione: la persona, cioè, perde la consapevolezza della situazione spaventosa e traumatica che sta vivendo, come se fosse distaccata da sé stessa e dal proprio corpo. Questa reazione è assai singolare, perché si traduce in un’apparente calma fisica e in una riduzione del battito cardiaco, tanto che all’esterno potrebbe essere scambiata per mancanza di paura o facilità nell’affrontarla; al contrario, l’utilizzo massivo e ricorrente della dissociazione impedisce la rielaborazione dei ricordi traumatici e può sfociare in psicopatologie molto gravi. Per chi volesse approfondire quest’aspetto, si consiglia di visitare il link https://www.stateofmind.it/tag/dissociazione/.
Quando la paura è meno intensa, poi, si riscontrano anche reazioni meno estreme e più comuni nella vita di tutti i giorni, come urlare, preoccuparsi e agitarsi, evitare le situazioni che generano timore e ruminare, ossia pensare in modo ripetitivo e ricorrente al pericolo. Per una panoramica semplice e immediata sugli stimoli che possono innescare la paura e sulle altre possibili reazioni, si suggerisce di visitare il sito http://atlasofemotions.org/#introduction/, che offre una breve spiegazione delle varie emozioni in modo molto chiaro e accattivante.
Due tipi di paure
Le paure possono essere divise in due grandi categorie: quelle innate e quelle apprese. Le prime sono istintive e si osservano in tutte le culture: si originano ad esempio da stimoli fisici intensi, come il dolore o la presenza di rumori forti, oggetti o individui sconosciuti, animali o persone aggressive e situazioni che mettono a repentaglio la sopravvivenza, quali l’altezza o il buio. Le seconde sono invece frutto di esperienze di condizionamento: in seguito ad un trauma, infatti, la persona può associare uno stimolo neutro ad una condizione di pericolo. Ad esempio, se a un bambino capitasse più volte di farsi male cadendo dalle scale, potrebbe iniziare a provare paura proprio nel fare le scale.
Quando la paura si trasforma da amica in nemica
Nonostante la paura svolga una funzione importantissima per la vita umana, può talvolta esprimersi in modo disfunzionale e patologico. È questo il caso delle fobie o del panico. Le prime consistono in una paura intensa ed esagerata che si innesca in risposta a stimoli non realmente minacciosi; spesso le persone che sperimentano questa condizione si rendono conto dell’assurdità e dell’insensatezza della loro reazione emotiva, ma non riescono a frenarla. Le fobie più frequenti sono quella sociale (paura delle situazioni in cui si è esposti al giudizio degli altri), scolare (della scuola), la fobia dei ragni, degli spazi aperti, di volare. Il panico, invece, comporta una sensazione di terrore molto acuta ed intensa, improvvisa, durante la quale la persona avverte numerosi sintomi fisici pur in assenza di effettivi disturbi organici e prova una forte paura di stare per morire o impazzire. La presenza di attacchi di panico genera spesso, inoltre, anche la paura della paura, ossia il timore che nuovi episodi simili possano accadere. Sia le fobie che il panico comportano così l’evitamento degli stimoli temuti, ostacolando la persona nel raggiungimento dei suoi obiettivi e limitando la sua sfera d’azione.
Le terapie per ridurre la paura
Prima di ipotizzare un trattamento, lo psicologo valuta sempre le cause della reazione di paura di cui la persona soffre per capire che significato il sintomo riveste nella sua vita e proporre percorsi personalizzati. Le terapie più frequenti ed efficaci nella cura delle fobie e del panico sono quelle cognitivo-comportamentali, che affiancano alla comprensione degli stimoli ansiogeni alcuni esercizi di esposizione: il soggetto cioè viene messo nelle condizioni di fronteggiare in modo graduale ciò che gli provoca ansia. In più, anche la terapia breve-strategica offre un approccio innovativo ed utile nel caso di fobie e panico, portando ad un decisivo miglioramento in poche sedute: se ne può trovare un’interessante spiegazione leggendo il libro “Oltre i limiti della paura- superare rapidamente le fobie, le ossessioni e il panico” di Giorgio Nardone.
Curiosità
Un tema che ha sempre affascinato gli psicologici e arrovellato i più è quello del perché alcune persone si espongano volontariamente a stimoli paurosi, ad esempio guardando film horror o praticando sport estremi. La tematica è ancora dibattuta, ma sembra che questi soggetti siano dei sensation seekers, ossia individui che hanno bisogno di ricercare sensazioni forti e adrenaliniche perché, altrimenti, finirebbero per annoiarsi. Pare che la spiegazione di questa caratteristica risieda nel cervello e in particolare nella ridotta sensibilità rispetto ad alcuni neurotrasmettitori come la dopamina e l’adrenalina: queste persone, in altre parole, ne sentirebbero meno gli effetti e quindi avrebbero bisogno di una dose maggiore di queste sostanze chimiche. Un’ulteriore ipotesi sul perché piacciano i film horror è quella per cui esporsi a stimoli ansiogeni in un contesto protetto, come a casa o al cinema, permette di esorcizzare le proprie paure sperimentandole in condizioni di sicurezza.
Un consiglio di lettura
Se l’argomento vi interessa, potete approfondire leggendo “Psicologia della paura” di Anna Oliviero Ferraris, che tratta in maniera più esaustiva e dettagliata gli aspetti accennati in questo articolo.