La rabbia: un’emozione primordiale
La rabbia è considerata un’emozione di base ed è pertanto filogeneticamente determinata. Già Darwin, infatti, aveva scoperto come essa fosse innata sia nell’essere umano che in altre specie animali; l’ira svolge una funzione adattiva per la sopravvivenza, permettendo di cogliere i pericoli e le minacce presenti nell’ambiente per poi difendersi. Ci si arrabbia infatti quando esiste il rischio di subire un danno o di essere ostacolati nel raggiungimento dei propri obiettivi; quest’emozione funge da campanello d’allarme per l’ingiustizia in procinto di accadere e prepara all’azione necessaria per evitarla.
Nonostante sia spesso vista come qualcosa di negativo e dirompente, dunque, la rabbia ha svolto un ruolo importante nell’evoluzione naturale e continua ad essere utile persino nella società attuale. I benefici che essa può esercitare sono sottolineati anche da Paul Ekman, uno studioso di fama mondiale nonché grande esperto in tema di emozioni ( per un approfondimento a riguardo si consiglia di visitare il suo sito al link: https://www.paulekman.com/blog/anger-problem/).
La manifestazione della rabbia
Quando innescata, la collera comporta l’attivazione di strutture cerebrali specifiche e alterazioni fisiologiche. A livello somatico, si traduce in un aumento del flusso sanguigno, un’accelerazione del battito cardiaco e un’elevata tensione muscolare, necessarie per prepararsi all’azione; a livello mimico-facciale si esprime invece con segnali di aggressività e ostilità, come l’aggrottamento della fronte e delle sopracciglia, la bocca serrata e il rossore; soggettivamente, infine, la rabbia è spesso percepita come la sensazione di essere sul punto di esplodere. Essa inoltre è associata a pensieri e convinzioni come quella di essere stati trattati o attaccati ingiustamente, traditi, non valorizzati o compresi; è bene evidenziare che queste riflessioni non sono direttamente causate dall’evento in sé, ma dall’interpretazione che il soggetto ne dà: è questa, infatti, a generare la rabbia. Ad esempio, uno studente che abbia preso un brutto voto nel compito di matematica potrebbe sentirsi arrabbiato se ritiene che la valutazione sia scorretta e inferiore alle sue competenze, ma anche spronato a studiare di più se invece attribuisce l’insuccesso al mancato impegno.
La rabbia patologica
Nonostante, come prima affermato, la rabbia abbia una funzione adattiva, alcune persone possono incontrare delle difficoltà nella regolazione e nell’espressione di questa emozione, sconfinando nella patologia. In genere, essa è disfunzionale e disturbata quando provoca sofferenza in sé e negli altri; ciò accade sia quando sfocia in reazioni esagerate come la violenza e l’aggressività sia quando viene inibita e soppressa. Relativamente al primo caso, Venditelli ritiene che vi sia una dis-regolazione della rabbia se essa non è legata ad una causa scatenante o è troppo intensa e persistente rispetto a questa; annovera inoltre all’interno di tali manifestazioni anche la messa in atto di comportamenti pericolosi o che allontanano gli altri. Relativamente al secondo caso, invece, ossia quando la rabbia è inibita, Berkowitz distingue le seguenti condizioni: la collera è quasi inesistente rispetto al fattore scatenante o non permette di individuarlo; impedisce al soggetto di proteggere sé stesso e gli altri; è accompagnata da sensi di colpa e vergogna.
In entrambi i casi, la rabbia viene privata della sua funzione adattiva: il soggetto cioè non riesce ad esprimerla per far valere le sue esigenze e i suoi diritti, ma ne viene sopraffatto o, al contrario, spaventato.
L’intervento psicologico nella gestione della rabbia
Un percorso psicoterapeutico è perciò fondamentale se si sperimentano difficoltà come quelle descritte; è inoltre indicato anche a quanti non soffrono di una condizione così grave ma sentono di dover imparare ad esprimere la propria rabbia in modo più efficace. I possibili trattamenti in questo campo sono tanti; sarà il clinico, insieme al paziente, a stabilire le modalità più adatte ad ogni caso e ad effettuare un intervento personalizzato.
Di seguito, si possono trovare alcune delle tecniche più utilizzate, i cui effetti positivi sono confermati dalla ricerca scientifica:
- La Terapia Razionale Emotiva Comportamentale (REBT), la quale si basa sull’idea che esista uno stretto legame fra pensieri ed emozioni. Grazie a questa procedura, è possibile correggere le distorsioni cognitive che spesso portano a fraintendere le azioni degli altri e ad innescare la rabbia; contribuisce poi ad aumentare la consapevolezza dei propri stati d’animo e a gestirli efficacemente. Essa è ottima anche per i bambini. Informazioni più specifiche si possono reperire al seguente link: https://studicognitivi.it/tecnica/terapia-razionale-emotiva-comportamentale-rebt/.
- La Terapia Metacognitiva Interpersonale (TIM), che aiuta a riflettere sui pensieri e sulle emozioni proprie e degli altri, imparando a riconoscere i fattori scatenanti che possono generare problematiche interiori o conflitti con l’ambiente esterno per poi bloccare la reazione a questi conseguente e infine adottare strategie alternative di comportamento. Questo approccio terapeutico è molto utile non solo nella gestione della rabbia, ma anche nell’ottica più generale di migliorare la vita relazionale del soggetto; è inoltre particolarmente consigliata a chi soffre di Disturbi di Personalità. Per ulteriori dettagli si suggerisce di visitare il sito: https://www.istitutobeck.com/tmi-trauma.
- Il Social Skills Training è invece un trattamento di gruppo mirato all’aumento delle abilità pro-sociali, come l’empatia e l’intelligenza emotiva. Esso porta infatti a sviluppare migliori capacità comunicative, relazionali e di problem-solving, per aiutare la persona a meglio fronteggiare gli stress quotidiani e a rapportarsi agli altri in maniera positiva. Un approfondimento su questa tecnica è consultabile al seguente articolo: http://www.psicoterapeutiinformazione.it/tecniche-di-gestione-della-rabbia-patologica/10/.
- La Mindfulness consiste invece in una serie di esercizi ispirati alla meditazione orientale che conducono all’acquisizione di una maggiore consapevolezza e di un aumentato benessere psico-fisico. Un trattamento basato sulla mindfulness è ideale anche per imparare a rilassarsi e a rimanere concentrati sul presente; aiuta a tollerare e gestire le emozioni senza evitarle o commettere azioni impulsive e ad entrare in contatto profondo con sé stessi. In Italia, esiste anche un’associazione specifica che promuove la diffusione di questa pratica: http://www.mindfulnessitalia.it/#
Si ricorda nuovamente che questi sono soltanto alcuni dei possibili interventi: rivolgersi ad uno psicologo è il primo passo per poi intraprendere un percorso mirato e investire nella propria crescita personale.
1.Darwin, C. R. 1872. The expression of the emotions in man and animals. London: John Murray. 1st edition.
2.Vendittelli n., Veltro F., Oricchio I., Bazzoni A., Risicarelli M.L., Polidori G, Morosini P. (.2003). L’intervento cognitivo-comportamentale di gruppo nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Centro Scientifico Editore, Torino
3. Berkowitz L. (1990). On the formation and regulation of anger and aggression: a cognitiveneoassociationistic analysis. American Psychologist, 45, pp. 494-503.